Santi e defunti: silenzio e preghiera, un ponte verso l'eternità

NOTIZIE DALLE PARROCCHIE E DAL TERRITORIO

La speranza di una vita senza fine

La Luce

Perché mettiamo dei lumini sulle tombe dei nostri cari? La candela accesa è un simbolo di vita, di luce e di speranza: anche nell’era della luce elettrica non c’è nulla di paragonabile al senso di calore e di vita che trasmette una fiamma viva accesa in un luogo oscuro.

L’oscurità per eccellenza è quella della morte, con il suo silenzio e la sua assenza di vita, che ci inquieta e ci fa sentire immersi in una notte senza stelle.

Accendere una fiamma in mezzo a questa notte per noi cristiani ha un significato forte, perché questo ci ricorda quella fiamma che abbiamo trovato accesa in chiesa il giorno del nostro battesimo e che da quel giorno abbiamo ricevuto il dono di poter tenere accesa nei nostri cuori: la fiamma del cero pasquale.

Il cero pasquale rappresenta la luce della resurrezione di Gesù, la luce di una vita che è più forte della morte e del buio. Cristo, risorto “per la potenza di una vita indistruttibile” (Lettera agli Ebrei 7,16) comunica anche a noi questa luce, speranza di una vita senza fine.

amore, luce e vita lungo il cammino

Solennità di Tutti i Santi

Durante la celebrazione dei Santi chi è venuto a messa ha sentito proclamare questa lettura: Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello». (Ap 7, 9-10).

Chi sono questi personaggi, gloriosi e trionfanti? Sono i santi!
Ma questi non sono nati santi, lo sono diventati.

E come lo sono diventati?

Vivendo su questa terra come tutti gli altri esseri umani, come me e come te, fidandosi della parola di Gesù e seminando amore, luce e vita lungo il loro cammino.

Don Alex ci ha detto in predica: “Abbiamo bisogno di santi innamorati dell’eucarestia e che mangino la pizza”. Cosa c’entrano queste due cose?

C’entrano eccome, perché per chi vive in comunione con Gesù anche le cose più ordinarie e quotidiane si riempiono di un senso nuovo.

un invito alla riflessione

Commemorazione dei defunti

Mentre percorrevamo il cimitero recitando il rosario per i nostri cari, ho notato la grande quantità di nomi e cognomi stranieri incisi sulle lapidi: sono le tracce di una lunga storia di emigrazione che ha caratterizzato tanti luoghi del nostro Nordest e anche, nel loro piccolo, le nostre terre.

Mi ha colpito il pensiero di queste persone che, pur avendo trovato un lavoro, una famiglia, magari un posto da chiamare un po’ “casa” fuori dall’Italia, a un certo punto hanno sentito il desiderio di ritornare nel paese dei loro antenati, o almeno abbiano voluto esservi ricordati con una lapide alla memoria.

È un segno forte di attaccamento e di appartenenza: per quanto lontano possano portarci le nostre strade, il nostro cuore sa dov’è la nostra casa.

A pensarci bene è un po’ così anche per noi, perché la nostra fede ci dice che da Gesù in poi non siamo più stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e familiari di Dio (Ef 2,19), e che viviamo su questa terra come pellegrini rivolti alla città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso (Eb 11, 10).

È bello sapere che, al di là di tutto, abbiamo una Casa da cui veniamo e dove sappiamo che un Padre ci attende a braccia aperte, e questo può darci uno slancio bello per vivere questa vita con il passo gioioso di chi imbocca la strada di casa.

don Riccardo Mior

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